Le Mille e una Notte
Le donne sanno fin troppo bene che la notte appartiene agli altri. La percorrono come una terra straniera, al tempo stesso temuta e desiderata.
Djuna Barnes, Nightwood (1936)
Da anni esco a camminare e a pensare nella notte. Mi attrae la città quando dorme: le sue luci deboli, i suoi angoli silenziosi, l’eco delle cose immobili. Mi piace osservare ciò che rimane quando quasi tutto si ritira: strutture, resti, presenze minime.
Ma uscire da sola di notte, essendo donna, non è un atto semplice. Non è neutro. È mal visto. È rischioso. La notte non è uguale per tutti: per molte donne continua a essere un territorio di minaccia.
Questo progetto è iniziato come una raccolta di immagini della città addormentata, ed è finito per diventare qualcos’altro: una forma di resistenza. Perché ogni uscita notturna è anche un atto di sopravvivenza. Ogni fotografia è una traccia del fatto che sono stata lì, che sono riuscita a tornare. Che ho vissuto un’altra notte.
Finora ho scattato 235 fotografie. L’obiettivo è arrivare a 1001, come Sherazade. Quella donna che, nel racconto, ogni notte narrava una storia per salvare la propria vita.
Io cammino e fotografo per lo stesso motivo: per restare viva una notte in più.





























